La scuola di oggi e quella di domani, ne abbiamo parlato con Caterina Maiellaro, Docente del Licei “Cartesio” di Triggiano (BA).
Piano Scuola 4.0
- Il Piano Scuola 4.0 può rappresentare la vera svolta tecnologica e metodologica che la scuola attendeva?
A mio avviso non del tutto. È necessario fare molta attenzione affinché la persona (studentessa-studente e docente) non perda mai di vista il contatto con la realtà. E per ‘contatto’ intendo proprio quello dei cinque sensi che ci aiuta ad esperire e comprendere il perché di alcune cose. Se la persona FA delle cose IMPARA meglio. Certo non tutto può essere fatto in classe o in laboratorio o ancora in campo aperto ed in ciò la realtà virtuale aiuta molto. Purtroppo alcune scuole sono ancora sprovviste di molto materiale che servirebbe a riproporre sperimentazioni pratiche come fase necessaria da vivere, prima di passare ad esperienze virtuali. Il PNRR non ha previsto l’acquisto di materiale tecnico non digitale e invece sarebbe stato molto utile ad alcune scuole per arricchire i propri laboratori, oltre che con materiale digitale, etc.
La scuola italiana, tra gap da colmare ed esperienze da valorizzare
- A quale modello tende la scuola italiana?
Non posso rispondere io a questa domanda. Ciò di cui mi sono resa conto in 35 anni di insegnamento è che spesso, in Italia, si tende a guardare alle scuole all’estero come migliori della nostra, tentando di scopiazzare innovazioni e metodologie. Poi, dopo alcuni anni si legge che, ad es. la Svezia e l’Olanda tornano indietro sull’uso dell’iPad in classe perché: ”distrae troppo e fa perdere la concentrazione a ragazzi e ragazze”. L’uso delle tecnologie come smartphone e i-pad nella vita quotidiana ha portato il cervello dell’adolescente a richiedere ed ottenere informazioni in tempo reale, disabituandosi all’attesa, alla riflessione consapevole sul risultato ottenuto, al piacere della scoperta. Bisogna aiutarli a riappropriarsi di queste emozioni e capacità altrimenti si rischia di diventare facili prede della ‘faciloneria generalizzata’.
- Quali sono i gap da colmare?
Ovviamente, la formazione dei docenti andrebbe non solo richiesta ma anche valorizzata in qualche modo. Non ci sono riconoscimenti di alcun genere per chi si aggiorna rispetto a chi non lo fa. È vero esiste l’obbligo di formazione per i docenti, ma quanti controllano se ogni docente ha ottemperato a quest’obbligo? E poi, con i corsi a distanza, come si verifica l’effettivo apprendimento del corsista? Non ci prendiamo in giro, abbiamo vissuto due anni in dad e conosciamo le tecniche per aggirare certi ‘ostacoli’. Indubbiamente, piano piano, anche i formatori stanno migliorando le proprie tecniche di coinvolgimento dei corsisti e ultimamente ne ho seguiti alcuni con maggior interesse e partecipazione attiva. Essere in classe fisicamente comunque non ha rivali. Ad esempio, io mi sono formata, tra l’altro, in metodologia CLIL seguendo un corso che è durato un anno accademico con lezioni sia di metodologia che di lingua inglese ed ho sostenuto un esame finale di ben 20 CFU. Poi, ho dovuto creare io stessa materiale per fare lezione CLIL, in quanto i nostri testi non contenevano unità didattiche pronte, ma il Ministero aveva decretato l’obbligo a tale insegnamento dal triennio dei licei linguistici e nell’ultima classe di tutti gli altri licei e nei tecnici. Non c’è stato alcun riconoscimento, di nessun tipo. Io ho continuato a farlo per passione ma molti miei colleghi (dei già pochi formati dal ministero in due corsi metodologici) che hanno affrontato uno sforzo anche maggiore del mio per la lingua straniera, hanno rinunciato ad utilizzare tale metodologia. Posseggo un C2 e mi tengo costantemente in esercizio, nel liceo in cui insegno sono la sola su più di 80 docenti. Non copriamo minimamente la necessità dell’obbligo previsto. Molti colleghi non cercano di aggiornarsi perché, tanto, lo stipendio arriva ugualmente. Se non c’è una molla interiore che ti spinge a capire cosa accade intorno, resti nella tua comfort zone. Se invece ci fosse un incentivo, anche di tipo economico oppure un premio in ore scontate in un determinato periodo, o ancora una settimana di formazione, tutta spesata (e già, perché noi ci paghiamo il trasporto e i pasti quando andiamo a seguire i corsi fuori sede…) forse ci sarebbe più fermento positivo tra i docenti.
- Quali sono le esperienze da valorizzare?
Trovo il metodo Montessori molto interessante e, guarda caso, si basa sull’esperienza pratica per poi passare a teorizzare quanto esperito. È probabile che le AI possano dare una spinta in più ad un ulteriore approfondimento. A tal proposito, sto seguendo un corso della Zanichelli e sto imparando ad usare chatGPT a scopo didattico!
La scuola di oggi e quella di domani
- Tre parole per la scuola di oggi e tre per quella di domani…
Per la scuola di oggi:
- confusa (ogni ministro dell’istruzione vuole lasciare la propria impronta e si inventa una qualsivoglia pseudo novità alla quale noi docenti dobbiamo subito adattarci)
- contraddittoria (si parla tanto delle competenze che l’alunno deve acquisire per essere in grado di gestire le conoscenze, anche quando sarà uscito dalla scuola, e per essere un buon Cittadino ma poi, al termine del ciclo di studi, si pretende anche una vasta conoscenza dei contenuti che si fa fatica a far apprendere nei tempi che ci sono dati. E un ragazzo deve anche vivere oltre la scuola, non per la scuola)
- poco valorizzante della persona
Per la scuola di domani:
- collaborativa (con meno alunni in classe si possono effettuare bellissimi lavori di gruppo, progettazioni che fanno crescere il più debole, perché supportato da pari, e il più pronto perché impara a gestire un lavoro in team e gli si insegna a valorizzare le capacità di tutti, anche con l’aiuto delle AI)
- attenta alla persona
- attenta alle professionalità (oltre che alle professioni, e non al mercato)