Abbiamo deciso di esplorare il metaverso e i suoi infiniti ambiti di applicazione, e abbiamo pensato di farlo con Manlio Castagna, scrittore, sceneggiatore, regista e formatore.
In quanto autore di libri fantasy, quanto pensi sia importante l’uso delle nuove tecnologie rispetto alla possibilità di creare mondi alternativi e vivere nuove esperienze?
La scrittura ha svolto un ruolo fondamentale nella storia dell’umanità, dalle prime pitture rupestri, passando per le prime forme di ideogrammi fino alla stampa di Gutenberg e all’avvento di Internet. Nel futuro, la scrittura continuerà a essere una parte essenziale della comunicazione umana e le tecnologie emergenti svolgeranno un ruolo significativo nella sua evoluzione.
Si parla ormai quotidianamente dell’Intelligenza Artificiale e del suo impatto sulla creatività. È innegabile la rivoluzione introdotta dall’elaborazione del linguaggio naturale (NLP), branca dell’IA che consente ai computer di comprendere, interpretare e generare il linguaggio umano.
L’NLP diventerà sempre più sofisticata in futuro, consentendo ai computer di generare contenuti scritti di alta qualità indistinguibili da quelli prodotti dall’uomo. Anzi ormai siamo già pericolosamente vicinissimi a questo scenario.
Ancora più suggestivo è, per me, l’utilizzo della realtà aumentata per la scrittura sia come esperienza d’autore che di fruitore. Ad esempio, uno scrittore potrebbe utilizzare la realtà aumentata per proiettare la propria scrittura su una superficie virtuale, consentendogli di vedere il proprio lavoro in modo più coinvolgente.
Per non parlare della presenza di contenuti multimediali che germinano dalla pagina rendendo tutto più interattivo e contribuendo ad attrarre i lettori più giovani, abituati a consumare contenuti che parlano agli occhi, alle orecchie, al corpo simultaneamente.
Da autore di libri fantasy l’idea di indossare un visore e spostarmi “fisicamente” in uno scenario immaginario è eccitante. Non c’è niente di meglio che partire alla scoperta dei luoghi che racconterai. Tanti lo fanno spostandosi fisicamente: il viaggio diventa parte dell’esperienza di creazione per accumulare informazioni e suggestioni utili alla propria storia.
Ma per chi deve descrivere posti “inesistenti” questo non è quasi mai possibile. Gli scrittori fantasy hanno solo la propria mente per spostarsi in altre location. La possibilità in futuro di esplorare ambienti ricreati artificialmente e mettere mano a un taccuino virtuale per prendere appunti su ciò che si vede e si sente sono sicuro che esalterà la creatività, “aumentando” l’effetto di immersione nei propri paesaggi mentali.
Il fantasy alla fin fine è sempre stato un genere di “realtà aumentata”, uno scenario virtuale reso possibile dall’immaginazione e donato ai lettori che a loro volta si immergono in luoghi fantastici. Le nuove tecnologie potrebbero diventare un potente aiuto a questa espansione dei confini del reale.
Il tuo lavoro ti permette di trascorrere molto tempo a stretto contatto con i ragazzi, quali credi siano le loro reazioni nei confronti della tecnologia VR e AR?
I ragazzi sono rapiti dal senso di presenza che ti regalano queste tecnologie. È un approccio per lo più ludico, però. Mi spiego. È divertente essere “altrove” indossando un casco e tenendo in mano un joystick, un guanto, un joypad.
Sono incuriositi, stupiti, eccitati all’idea che senza muoversi dal proprio posto si possa entrare in uno scenario che pur non esistendo davvero… è lì sotto i loro occhi. E figuriamoci quando questo ambiente risponde anche agli stimoli, ovvero quando ci si può interagire: spostando oggetti, afferrandoli, utilizzandoli.
È il concetto di videogame portato all’ennesima potenza. E noi sappiamo quanto sia potente il videogioco per i giovani e per i bambini. Ecco la parola chiave di cui dicevo all’inizio: “gioco”.
Sia la VR che la AR sono percepiti ancora come un’evoluzione delle consolle classiche che producono l’adrenalina della sfida senza il pericolo di mettersi nei guai o di farsi male. È così che le nuove generazioni ancora percepiscono AR e VR con i loro visori futuristici e le promesse di divertimento più reale del reale! Il prossimo step a mio avviso è arrivare a far considerare queste nuove tecnologie non come un semplice, ma sofisticato, passatempo. Bensì come una “stampella” straordinaria all’evoluzione dell’apprendimento.
La verità è che il metaverso non è alle porte. È già prepotentemente nelle nostre vite, sotto varie forme. Mentre la tecnologia avanza per portarci nuovi mondi immersivi e immaginari, anche il modo in cui educhiamo i bambini e prepariamo gli insegnanti deve progredire per soddisfare queste nuove opportunità.
Quando l’istruzione è in ritardo rispetto ai balzi digitali, la tecnologia non si ferma, anzi. Oggi, che l’infrastruttura del metaverso è in una fase di evoluzione costante, tocca a noi adulti tracciare le strade, cavalcare l’onda invece che rimanere intrappolati nella risacca. È questo il momento di percorrere strade formative innovative sia per contenuti che per tecnologie utilizzate.
Si parla da anni di edutainment, ovvero di intrattenimento che insegna. Esperienze ludo-educative. Ma è solo oggi, con le metodologie legate a realtà aumentata e virtuale, che questo percorso ha davvero dichiarato il suo potenziale. L’Edu-verso apre a nuovi mondi dove i bambini, i ragazzi, i giovani hanno possibilità di imparare divertendosi. Di sperimentare in sicurezza.
In che modo la tecnologia immersiva può contribuire a creare nuove forme di accesso al nostro patrimonio culturale?
Il suo contributo può essere ed è già enorme. La realtà virtuale è diventata rapidamente un punto di riferimento per le organizzazioni artistiche e culturali. La VR ha il potenziale di ricreare ambienti fisici immaginari al massimo livello di realismo multisensoriale. La nostra esperienza davanti a uno scenario del genere influenza i recettori visivi, uditivi, tattili, vestibolari e persino olfattivi e gustativi degli utenti.
È un capitolo nuovo della storia dell’umanità. Io la vedo così. Esistono già diversi musei basati interamente sulla VR, tra cui il Museum of Other Realities, un museo completamente virtuale e Open Heritage di Google Art&Culture che ti permette di esplorare luoghi iconici e del patrimonio mondiale dell’umanità in 3D. Ovunque essi siano. Come Il boschetto sacro di Osun Osogbo in Nigeria o il tempio thailandese di Wat Phra Si Sanphet ad Ayutthaya.
Sebbene molti discutano l’etica della realtà virtuale io sono convinto che gli specialisti del patrimonio culturale hanno trovato un posto speciale per preservare la bellezza che ci circonda e di tutti quei siti che sono a rischio di distruzione nella vita reale. O addirittura per ricreare ciò che non c’è più.
Sempre in Open Heritage, che io amo profondamente, è possibile vedere parti della città romana di Pompei, abitazioni rupestri dei nativi americani a Mesa Verde, nel sud del Colorado e il Tempio di Kukulcan, risalente a 1000 anni fa, nella città maya di Chichén Itzá. Questi luoghi virtuali offrono una vista dei siti nel loro stato attuale, oltre a come potevano apparire agli occhi di gente vissuta secoli o millenni fa. Il che è stupefacente e aiuterà anche i più giovani ad avvicinarsi al nostro patrimonio culturale mondiale. E si può andare oltre.
In questo senso sono rimasto affascinato dal modo in cui Itaca Education ha sviluppato il suo modulo formativo “ITART”. Non semplicemente un viaggio da spettatori dentro l’ambiente arte, ma una esplorazione attiva della creatività. Ad esempio, non solo vedere come è fatto un vaso antico, ma “produrlo” con le proprie mani. Indossare il visore, afferrare i joypad e ritrovarsi in un opificio dove partendo dal blocco di creta e interagendo con la materia virtuale (ma incredibilmente vivida) si tornisce un manufatto.
Lo vedi muoversi sotto i tuoi occhi, trovare la sua forma a cui tu stai dando una configurazione. Immaginate quanto sia esplosivo un apprendimento di questo tipo. Immaginate come possa essere la risposta di un ragazzo davanti a questo “farsi” sotto i propri occhi. Questo restituisce, a mio avviso, il senso puro di accesso – dalla porta principale, quella della creatività – al patrimonio artistico condiviso.
Realtà virtuale e pensiero creativo: quali i benefici?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima intenderci su cos’è la creatività e come funziona. Non basterebbe un libro per entrare nei dettagli della questione. Ma se non ci mettiamo d’accordo su cosa sia il pensiero creativo non sarà mai possibile capire a fondo come le tecnologie di AR e VR possano influenzarlo, migliorarlo o addirittura comprometterlo.
Dal mio punto di vista la creatività non è il frutto di un istante, non è da confondere con l’illuminazione (e la metafora visiva della lampadina contribuisce a questo inganno). Il pensiero creativo è piuttosto un “processo creativo”. Qualcuno lo ha sapientemente diviso in quattro fasi: Preparazione, Incubazione, Illuminazione e Realizzazione. È partendo da questa idea di più tappe che si possono individuare i benefici della realtà virtuale.
Ed è nella fase iniziale del processo che la virtualità raggiunge, a mio avviso, il massimo del suo impatto sulla creatività. Se per “preparazione” immaginiamo quello stadio in cui noi osserviamo, ascoltiamo, raccogliamo informazioni per conoscere a fondo un problema da risolvere e quindi trovare il modo migliore e più “elegante” per farlo.
La VR e l’AR sono fenomenali in questo senso! Perché ci fanno essere nel “qui e ora” del problema. Ci permettono di toccare con mano (virtuale) le implicazioni e le possibili sfaccettature del mondo in cui si richiede la nostra creatività. Facciamo l’esempio di un ingegnere che deve trovare una soluzione creativa per risolvere una problematica riguardo a un palazzo che deve essere costruito.
Immaginate quanto può aiutare il suo processo di “preparazione” creativa, immergendo quell’ingegnere nell’ambiente dell’edificio parzialmente completato. Immaginate come potrà ispezionare con cura e identificare i problemi di costruzione e suggerire le correzioni. Ecco cosa intendo per benefici alla creatività.
Ma questo è solo un esempio, pure grezzo. Però è potente. La “virtualità” è un modo straordinario per aumentare la nostra capacità di raccogliere informazioni e prevedere come le nostre soluzioni impatteranno la realtà (e questo ha a che fare con la quarta fase del processo creativo: la Realizzazione).
Hai esordito al cinema come co-sceneggiatore e regista del docu-film Il viaggio degli eroi. Come immagini questa esperienza se avessi utilizzato la realtà virtuale/aumentata?
Sarebbe stato un sogno. Avrei portato i miei spettatori a bordo campo. Avrei fatto vivere loro le esperienze dei goal, delle tensioni nel quadrato di gioco, avrei fatto sentire le urla del pubblico e il triplice fischio dell’arbitro che ha sancito la vittoria dei mondiali. E questo sarebbe stato solo l’inizio. Avrei provato a immergere gli spettatori nelle strade italiane al momento dei festeggiamenti. Avrebbero sentito sulla loro pelle gli “anni 80”, con le sue specificità e le sue differenze rispetto a oggi. Dalle auto ai vestiti, dai negozi a quella voglia di stare insieme così diversa nella nostra attuale quotidianità.
Ecco, un’esperienza così emotivamente forte la VR o l’AR l’avrebbero aumentata a dismisura. In due modi: rafforzando la nostalgia per chi quel trionfo l’ha vissuto nel 1982 e rendendolo palpabile per chi quegli anni non li ha vissuti perché nati dopo. La realtà virtuale non è realtà finta. È realtà possibile e disincarnata che si può esplorare e di cui fare esperienza.
Questo mi fa pensare poi a un discorso più ampio. Innanzitutto all’importanza di trovare nuove forme di accesso allo spettacolo audiovisivo. Credo che la realtà virtuale sia un’estensione del linguaggio cinematografico. È un altro strumento per raccontare una storia. La combinazione di tecnologia innovativa e storytelling efficace è una miscela ad altissimo potenziale spettacolare. per la mia esperienza ancora più efficace per i giovani.
Molti pensano che il cinema sia insostituibile, che rimarrà per sempre nel modo in cui lo conosciamo adesso. Anche addetti ai lavori, amici con cui mi sono trovato a discutere. Io non ci giurerei. Siamo di fronte a cambiamenti costanti e rapidissimi. E la VR o l’AR sono mezzi molto potenti. C’è una componente educativa dentro che il cinema classico solo in parte riesce ad ottenere. È molto coinvolgente, è molto immersivo, è molto potente. Ed è qui che credo avvenga il cambiamento, quando ti colpisce allo stomaco e ti fa reagire o agire in modi del tutto nuovi.
È questo potenziale di interattività che rende la VR una prospettiva così allettante per registi (e non solo per giocatori, che è più scontato). Se si può trasportare una persona in un altro mondo, le possibilità sono infinite: può muoversi ed esplorare a suo piacimento.
Per me si apriranno nuove strade per la narrazione. strade che tramuteranno gli spettatori in “SPETT-ATTORI”. E io credo che la rivoluzione sia solo all’inizio. E per creare spettatori consapevoli, allenati alle nuove modalità di storytelling bisogna cominciare dalla scuola. È lì che si formano i “sensi” del futuro.